domenica 9 febbraio 2014

Emanuele Verrocchi- Marco Di Salvo -La Fine Dei Giochi - 2° CLASSIFICATO






Emanuele Verrocchi- Marco Di Salvo -La Fine Dei Giochi - 2° CLASSIFICATO

“Ciao Michè, il solito!”. Un altro inizio di anno - e ne ho passati almeno nove qui al mio Bar Tresca. Io, che non amo festeggiare il Capodanno, mi diverto il giorno dopo a scrutare solitario nei volti delle persone la stanchezza della Festa. Ogni volta ormai è mia abitudine trascorrere qui la prima giornata del nuovo anno.
Eccoli lì: Frank, Peppe, Lulù e Loffetta, di ritorno dal loro immancabile appuntamento annuale al Casinò di Venezia. Fuori è freddo, molto freddo, ma i quattro non sembrano curarsene. Vestono abiti leggeri: il gioco riscalda, tempra gli animi, rafforza il cuore. Quest’anno però c’è qualcosa di nuovo nell’aria, che emerge osservando i loro sguardi, i loro gesti. Sì, ci sono sempre, nei loro racconti ad alta voce, le prostitute di alto bordo ‘reclutate’ a fine serata, lo champagne di annata offerto dalla Direzione del Casinò (solo ai clienti abituali…), la Porsche noleggiata dal loro fidatissimo concessionario di periferia, ma qualcosa di diverso è accaduto, ed io sono lì a tentare di capire cosa.
“Hey, ricordate quel croupier, quello giovane, di sicuro l’ultimo arrivato, troppo rigido con le mani, poco veloce” - dice Peppe agli altri tre con l’aria disinvolta del giocatore consumato - “Sì, con lui siamo stati fortunati…ero tentato di giocarmi la casa in campagna della buonanima di mio nonno” - aggiunge Loffetta. “Aah…Marisol, la cameriera ai piani dell’hotel. Ogni anno più affascinante e sfuggente…Michè, un altro per favore” - continua Frank.
Lulù è silenzioso, stranamente. Lo comprendo. L’anno che si è chiuso alle spalle, per lui, è da dimenticare. La sua agenzia di scommesse andata a fuoco gli brucia ancora dentro (roba da usurai); e poi la morte della mamma, l’unica persona ‘sicura’ per lui, lo ha totalmente depresso. Quel viaggio a Venezia con i suoi amici doveva essere il riscatto, un nuovo inizio. Lulù è un ribelle, un anarchico esistenziale, quella sua somiglianza a Johnny Rotten dei Sex Pistols lo rende ai miei occhi un mito, un’icona sociale.
“Ciao Lulù” - mi avvicino a lui al bancone - “Ti offro un drink, ti va?” - Gli chiedo scimmiottando con un termine anglofono le sue velleità cosmopolite. Mi fa un cenno con la testa. “Allora, un’altra serata da leoni al Casinò vero? Raccontami…voglio da te qualche perla di verità vissuta al tavolo verde”. “Non mi va Lele, scusami!” - “Cosa c’è Lulù, hai di nuovo perso tutto quello che avevi? Muori dalla vergogna vero?”. “Finiscila giovanotto, non fare il gradasso, vieni con me”. Usciamo, io e lui, dal bar, giriamo l’angolo di un vicolo deserto; immobile, tenendomi una spalla da vecchio amico, con gli occhi lucidi (ma non per l’alcol) inizia il suo monologo.
“Vedi Lele, io sono un pokerista, tutti mi considerano un professionista; ma ho tradito la vostra stima, la vostra considerazione nei miei confronti, la reputazione che ho nella mia città, che facilmente mi intitolerebbe una strada, o anche un'umile rotatoria. L’altra notte ho provato un senso di nausea, di abbandono. Mi sono alzato dal tavolo pur avendo buone carte in mano ed un piatto invidiabile. Quelle luci, quasi psichedeliche, io quasi sessantenne; non ho resistito. Sono finito di fronte ad una slot machine, con al fianco una vecchia e sfatta signora francese che sapeva soltanto sghignazzare e fumare. Ho tirato giù la leva come se fosse uno sciacquone, come se stessi buttando nel cesso ogni reputazione, ogni principio di vita, ogni onore della lotta. Le monete che scendevano mi sembravano una voce che declamava la mia vittoria di Pirro. Ho vinto, Lele, ho vinto, ma mi vergogno come se avessi perso tutto. Non ho avuto il coraggio di dire niente agli altri. Non ho vinto con onore, ho giocato ad un gioco da bestie…ed è per questo che di nascosto ho lasciato tutti i soldi al canile. Ne avranno bisogno i miei ‘veri amici’…serviranno a riparare il tetto danneggiato dalla neve. Meglio le bestie del canile che tutti quei buzzurri ipnotizzati dalle slot!”
Lulù sa bene che nel poker non si tratta di vincere o di perdere; si tratta di prendere la decisione giusta. Ha preso la strada sbagliata. Ha vinto alle slot…e questo non se lo perdonerà mai…

KAP

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